I laghetti di Portonovo, villaggio prezioso e unico per il popolo migratore
testo e foto Fausto Moroni
L’area del Parco Regionale del Conero
comprende diversi ecosistemi che vanno
dal litorale costiero, caratterizzato da rocce a strapiombo sul mare e spiagge
più o meno ampie di scoglio e ghiaia alla tipica campagna marchigiana coltivata
a grano, granoturco e vite; dal bosco di sempreverdi, che si sviluppa alle
pendici e sulla cima del monte ad una piccola zona umida caratterizzata dalla
presenza di un paio di laghetti naturali incoronati da un fitto canneto. Fa da
trade union a questi quattro ecosistemi la macchia mediterranea che si colora di
giallo intenso quando la famosa ginestra del Conero esplode con la sua fioritura
primaverile.
Fra i quattro, l’ambiente ecologicamente più particolare è sicuramente
rappresentato dalla zona umida. Bisogna, infatti, scendere fino al Gargano o
risalire fino quasi alla foce del Po’ per ritrovare un ecosistema simile, ma
non uguale.
L’unicità
dei laghetti del Conero risiede
nella loro ubicazione: sono incastonati come due
gioielli fra il mare e le pendici del monte e conferiscono alla baia di
Portonovo, di per se già molto bella, una ulteriore forza attrattiva. Tutta la
baia si sarebbe formata, in tempi remoti, in seguito ad una gigantesca frana che
avrebbe originato anche i due laghetti. Il lago grande si trova nella zona
denominata “il molo” ed è facilmente visibile dalla strada, l’altro, il
lago profondo, più nascosto, è situato vicino alla chiesa romanica S. Maria di
Portonovo, a picco sul mare, ristrutturata di recente e di notevole valore
storico e artistico.
La
loro unicità, però, dipende anche da una leggenda
che vuole questi laghi
essere collegati al mare grazie alla presenza di naturali canali sotterranei che
formerebbero dei vortici in grado di risucchiare chiunque vi nuoti vicino. E in
effetti nessuno vi fa il bagno, ma non a causa di questa leggenda, semplicemente
perché a pochi metri l’acqua cristallina delle baie di Portonovo è di gran
lunga più invitante. Pare, comunque, che siano stati visti più volte, anche se
non in tempi recenti, dei germani reali morti e con il piumaggio malmesso,
galleggiare nel mare li vicino, proprio come se fossero stati, improvvisamente e
senza scampo, risucchiati da potenti vortici d’acqua. Il mistero quindi rimane
e nessuno si tuffa nei laghetti, che rappresentano il regno incontrastato dalla
fauna acquatica.
Il fitto canneto che li circonda, costituito da giunchi
e cannucce di palude, da
rifugio, infatti, ad un consistente numero di germani reali, gallinelle
d’acqua ed altre specie acquatiche più rare e non facilmente osservabili,
come il martin pescatore, il pendolino, il tuffetto. In certe ore del giorno e
nei periodi di non affollamento turistico, tracciano le loro traiettorie
impercettibili sopra questi specchi d’acqua anche gabbiani, passeracei e
rondini. Molti di questi volatili sono stanziali, altri, come le garzette e gli
aironi, al contrario, utilizzano questa preziosa oasi per riposare durante le
lunghe migrazioni verso il continente Africano o verso il nord Europa, a seconda
dei periodi.
Nelle stagioni intermedie, primavera e autunno,
può essere divertente fare bird
watching. Qui non sono necessarie tutte la precauzioni obbligatorie in altri
ambienti naturalistici protetti, come abbigliamento mimetico, lunghe soste in
capanni, silenzio. L’avifauna stanziale è abituata alla presenza umana e si
avvicina senza alcun timore a chi la osserva, permettendo a chiunque di ammirare
da distanza ravvicinata i variopinti piumaggi delle diverse specie presenti, ma
anche i tipici comportamenti che le caratterizzano, dal corteggiamento alle
abluzioni per la pulizia delle penne, dalla cura della prole alle brevi apnee
per la ricerca di cibo. Il germano reale maschio è senza dubbio il pennuto più
facilmente osservabile, e anche quello dalla livrea più interessante. Il suo
specchio alare, porpora e viola, è compreso fra due strisce bianche e le zampe
sono giallo arancio. Nella stagione degli amori, quando il germano veste
l’abito nuziale, il capo è verde metallico e un sottile collare bianco lo
divide dal petto bruno porporino. Attrae la femmina, molto meno appariscente
come d’altra parte spesso accade nel mondo degli uccelli, con un rituale di
corteggiamento che mette ancor più in evidenza la sua variopinta livrea.
Le gallinelle d’acqua, caratterizzate da una placca
frontale e dal becco rosso
lacca, hanno un piumaggio fosco nerastro con una sottile e irregolare striscia
bianca attraverso i fianchi. La coda, inferiormente bianca, viene spesso tenuta
alzata. Sono più schive dei germani reali, raramente si involano e tendono a
nascondersi, se disturbate, nel fitto del canneto.
Piuttosto
“sfacciate”, invece, sono le comuni papere,
che senza alcun timore beccano
il cibo direttamente dalle mani di chi lo offre, ma è osservandole sullo sfondo
dei riflessi verdi del canneto che spicca la loro tipica livrea candida che le
rende eleganti come cigni e quasi irraggiungibili.
La
cattiva ed ecologicamente scorretta abitudine
di nutrire gli animali in libertà
rappresenta, però, una pratica purtroppo ormai comune nei laghetti di Portonovo,
che, se da un lato ha reso la fauna stanziale non timorosa dell’uomo e più
avvicinabile, dall’altro sta alterando irrimediabilmente il comportamento
naturale degli animali e il piacere di chi lo desidera osservare con la
consapevolezza che tale comportamento derivi esclusivamente dall’istinto
dell’animale e non dai condizionamenti che il contatto con gli uomini hanno
introdotto. La presenza umana, inoltre, necessariamente non discreta,
considerato l’imponente e rumoroso afflusso turistico, scoraggia la presenza
di aironi e garzette, il cui avvistamento rappresenta, ormai, una vera rarità.