Nikon F 70. Obiettivo: Sigma AF D 70-200 mm f2.8 Apo EX HSM. Pellicola invertibile Fuji Velvia 50 ISO.

Pubblicata su "Oasis", già immagine del mese, e ora anche racconto fotografico africano! Perché tanta importanza a questa foto? Primo, semplicemente perché mi sembra uno scatto ben riuscito; secondo, perché dietro uno scatto ben riuscito c’è quasi sempre qualche cosa da dire, a meno che non sia totalmente frutto del caso; terzo, perché mi permette di esprimere alcune considerazioni sui safari; quarto, perché rappresenta la quadratura del cerchio.

 

Ma partiamo dall’inizio.

 

Parco Kruger, pomeriggio inoltrato, zona di savana arbustiva. Sono in macchina con altri safaristi/turisti, e questo limita enormemente la libertà di scatto e di sosta in punti particolari. Punti che solo un fotografo sa individuare, grazie alla sua capacità, un po’ innata e un po’ maturata con l’esperienza, di previsualizzare l’immagine. Se si è in macchina da soli e il driver è a disposizione, richiedere anche piccoli spostamenti di mezza ruota avanti, indietro, a destra o sinistra, che fanno la differenza tra uno scatto riuscito ed uno no, non rappresenta un problema. Ma se non si è da soli certe richieste, specie se reiterate, potrebbero, oltre che sembrare pesanti e insignificanti per molti, irritare tutti i compagni di viaggio. E quindi per il quieto svolgimento del periodo da trascorrere insieme spesso si perdono buone occasioni di scatto, oppure si scattano immagini imperfette, buone, come si suole dire, per il cestino.

 

Quando è possibile, ed ecco una considerazione generale sui safari, è meglio organizzarli privatamente, costano sensibilmente di più, ma la maggiore qualità degli scatti che si portano a casa è altrettanto sensibile. Si può anche essere fortunati, come mi è capitato nei dieci giorni trascorsi al Kruger, dove ho incontrato tutti compagni di viaggio tolleranti, e in dieci giorni ne ho incontrati molti. Generalmente il turista si ferma al Kruger per una, due, massimo tre notti, poi riprende il suo tour. Questa fortuna, tuttavia, non mi ha salvato dalla perdita di scatti importanti, perché comunque, da parte mia, una certa inibizione nelle richieste di sosta e spostamenti non poteva non verificarsi, se non altro per il rispetto delle esigenze degli altri. Un esempio per tutti: l’incontro con Duke, fosse stato per me, l’avrei prolungato per tutto il pomeriggio e la serata e non mi sarei preoccupato di andare a vedere due leoni addormentati a cinquanta metri di distanza. E non solo per motivi fotografici, ma anche, nel caso di Duke come anche in altri casi, emotivi.

 

Ma torniamo alla foto: il sole stava calando, e rapidamente, quando abbiamo avvistato un gruppo di giraffe, più volte incontrate durante la giornata, e quindi non più degne di soste. Molto interessante, invece, era l'immagine che, più volte pensata nel divano di casa, si poteva finalmente materializzare. Eliminato ogni tipo di inibizione, e incurante della volontà degli altri miei compagni di viaggio, ho iniziato a dire al driver di seguire i movimenti di questi eleganti mammiferi, di uno in particolare, che si muoveva nella "giusta" direzione.

 

La foto non è totalmente "pulita". Alcuni rami disturbano la silouette del lungo collo della giraffa, che tuttavia è perfettamente leggibile, altri invece sembrano sorreggere la luce del sole in basso a destra che fa da contrappeso al muso dell'animale. Le nubi, sopra, fanno quasi da cornice, e quella laterale sembra dirigere l'occhio di chi osserva verso il punto di interesse della foto: le due orecchie, allertate dal nostro arrivo, e quelle simpatiche corna!

 

In questa foto niente è lasciato al caso, eppure rappresenta metaforicamente il Caso, ovvero la Natura, che proprio per caso si è originata nell'Universo.

 

Ed ecco la quadratura del cerchio.

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