Nikon F
70. Obiettivo: Sigma AF 15-30 mm f3.5-4.5 D EX Asf IF. Pellicola invertibile
Fuji Velvia 50 ISO. Cavalletto.
Non è un paesaggio
artico e, benché il sole fosse ancora
abbastanza basso sull'orizzonte, il termometro segnava già + 47 gradi.
Egitto, White Desert. Pochi chilometri a nord dell'oasi di Farafra emergono dalle sabbie rocce dalle forme bizzarre. Torrioni, pinnacoli, funghi, oppure piatte lastre levigate si intrecciano in un ordine casuale dando vita ad un evento geologico affascinante, fantasmagorico e spettacolare, nonostante la apparente fissità da millenni. La caratteristica comune di queste formazioni rocciose è il colore bianco, dovuto alla enorme presenza di gesso.
Abbagliante durante il giorno, il bianco si trasforma al crepuscolo e al tramonto in una varietà di rosa che cambia, a seconda dell'inclinazione del sole e del tasso di umidità, sempre abbastanza basso, in una infinità di sfumature.
Qua e la delle piccole pietre nere, frammenti di minerali di ferro arrivati li chissà come (!), fermano la sabbia, costantemente trasportata dal vento, dando vita a delle piccolissime e quasi impercettibili dune.
Nel deserto capita spesso di trovarsi in luoghi in cui certi paesaggi sembrano essere disegnati da qualcuno. In Algeria ci sono dei reg sconfinati in cui le pietre, tutte regolarmente quasi delle stesse dimensioni, sono posate sulla terra ad una distanza precisa e costante l'una dall'altra. C'è una spiegazione geologica, che racconta di eruzioni vulcaniche, di millenni di erosione eolica e levigazione, ma il mistero di tanta perfezione resta immutato davanti ai nostri occhi. Dio, la Natura, il Caso? A volte non si sente l'esigenza di avere delle risposte.
La contemplazione, basta.
La ripresa, effettuata con un ottica grandangolare molto spinta, rende ancor più sfuggenti le linee che sembrano convergere verso una lontana catena montuosa "innevata". L'utilizzo del cavalletto è stato necessario per poter avere a fuoco non solo il primo piano ma anche gli elementi più lontani, effetto ottenibile utilizzando diaframmi molto chiusi e, di conseguenza, tempi piuttosto lenti.
Data l'intensità della luce, la particolarità dell'ambiente e la lunghezza focale utilizzata, avrei potuto provare una ripresa a mano libera, ma visto che il cavalletto era sulla Land Rover a poca distanza, perché non utilizzarlo? A + 47 gradi, comunque, anche la più piccola operazione costa una certa fatica!
Un'ultima osservazione. Questa distesa apparentemente enorme, è, in realtà, non molto ampia. L'ottica grandangolare e il particolare punto di ripresa la dilata fino a farla sembrare un paesaggio a se stante. La visione d'insieme di questo angolo di Sahara è estremamente diverso dalla foto qui presentata. Come già detto, dalla sabbia affiorano rocce dalle più svariate forme ed io mi sono limitato, in questa foto, ad isolare un particolare simulando, nonostante l'ottica utilizzata, una ripresa "macro".
Questo non significa che la foto è "falsa", ma semplicemente che il deserto ci concede mille interpretazioni, e non solo visive, ma anche, e soprattutto, metafisiche.