Nikon F 70. Obiettivo: Sigma AF D 70-200 mm f2.8 Apo EX HSM. Pellicola invertibile Kodachrom 64 ISO.

A Malindi i Masai sono di casa e non è difficile vederli per le strade della città, ma incontrarli mentre si acconciano i capelli e costruiscono le loro collane e bracciali di perline colorate è un occasione sicuramente particolare e quindi fotograficamente da non perdere. Così, individuata la scena, mi sono avvicinato al gruppo con le macchine fotografiche in borsa per fare due chiacchiere, ma con lo scopo ultimo di “far fuori” almeno un paio di rullini.

Ogni volta che mi trovo in queste situazioni, ovvero quando provo a mettermi in relazione con persone che non conosco e che voglio fotografare, mi rendo poi conto, in realtà, che la fotografia non è lo scopo, bensì il pretesto per avvicinarmi a genti e culture diverse dalla mia. E l’incontro, come al solito, è sempre, per un motivo o per un altro, sorprendente.

I Masai sono generalmente simpatici e non è difficile avvicinarli, quando però c’è di mezzo l’apparecchio fotografico tutto si complica un po’. Per questo all’inizio tendo sempre a tenere in disparte la macchina fotografica, dando la priorità al puro e semplice incontro. Il primo approccio si dimostra sempre particolarmente importante, se non fondamentale. Dopo aver dichiarato esplicitamente la volontà di fare delle foto è opportuno, con discrezione, dichiarare anche la possibilità di un eventuale compenso economico. Questo li predispone positivamente all’imminente “servizio fotografico”. C’è inoltre da aggiungere che i Masai “residenti” ormai in città sono abituati alla presenza dei turisti e hanno ben capito che l’essere fotografati può rappresentare un vero e proprio business.

Questo, per il fotografo, è un male, non tanto perché deve pagare, ma perché rischierà di fotografare espressioni svogliate e poco naturali. Tuttavia se si riesce a far capire loro che il nostro interesse va al di la della semplice foto ricordo, nei loro volti apparirà quella spontaneità, assolutamente necessaria per ottenere delle buone foto, e anche una certa gratificazione che li renderà ancor più disponibili.

Il rosso dei loro abiti, i colori sgargianti dei loro gioielli fatti di perline, la ricerca di particolari, i volti sereni, quel modo di acconciarsi i capelli seduti a terra in comunione tra loro e con il mondo, fanno si che fotografarli sia in un certo senso, oltre che divertente, anche rilassante e, come al solito, emozionante. L’emozione tuttavia, almeno mentre si fotografa, va in qualche modo controllata, per poterla poi rendere in pellicola. Come tutti sappiamo, infatti, la fotografia si basa su dei procedimenti tecnici che non possono essere trascurati.

E allora come fotografare tecnicamente i Masai? Avevo montato nella mia F 70 un rullino Kodachrom 64 ISO che rende i rossi benissimo e ho iniziato a scattare con il 28-70 mm f2.8 impostato alla minima focale, cercando di riprendere il gruppo di Masai da angolazioni e distanze diverse. Poi ho sostituito il 28-70 con il 70-200 mm f2.8 e mi sono dedicato al ritratto e alla ripresa di particolari, sia dell’acconciatura che della costruzione dei loro gioielli. Lavorando in manuale, per l’esposizione mi sono basato sulla misurazione spot puntando sul rosso degli abiti, sottoesponendo, a volte, di un terzo di stop, per saturare i colori. La maggior parte degli scatti li ho effettuati utilizzato diaframmi piuttosto chiusi. Questo mi ha consentito di ottenere una buona profondità di campo. Ho comunque sempre tenuto d'occhio i tempi di scatto, senza mai esporre con tempi inferiori al reciproco della lunghezza focale che stavo utilizzando, per scongiurare il rischio del mosso!

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